
Expo premia il progetto di caseificio in Tanzania di una onlus bolognese
Cefa, con l'aiuto di Granarolo, ha dato vita a un allevamento diffuso: il latte prodotto da centinaia di agricoltori arriva nelle scuole e negli ospedali.
Fra ottocento progetti in gara "Africa milk project" di Cefa, onlus bolognese, rientra fra i cinque riconosciuti dalla Commissione Expo 2015 come i migliori interventi per dare una risposta alle necessità del pianeta. "Africa milk project: ama la tua terra, combatti la povertà , bevi il tuo latte" di Cefa, in collaborazione con Granarolo, la Farnesina e l’associazione tanzaniana di allevatori Njombe Livestock Association ha vinto il primo premio come migliore Best Practice nella categoria Sviluppo sostenibile di piccole comunità rurali in aree marginali e sarà presentato all’interno del Padiglione Zero, lo spazio sviluppato in collaborazione con le Nazioni Unite che avrà il compito di introdurre i 20 milioni di visitatori attesi al tema dell'Expo di Milano.
Alla Njombe milk factory arrivano ogni giorno 3200 litri di latte da 800 allevatori del territorio che possiedono 2-3 vacche ciascuno. Una volta consegnato “a mano” o raccolto con un furgone, il latte è pastorizzato. Una volta la settimana e a prezzo contenuto, una certa quantità è distribuita in 58 scuole del distretto di Njombe, raggiungendo un bacino di utenza che oggi è di 28 mila scolari. Parte del latte viene venduta e donata, in piccola quantità , a ospedali e
orfanotrofi nei dintorni. Il rimanente diventa yogurt – distribuito nei mercati locali – e vari formaggi.
"Sarà importante raccontare ai milioni di visitatori di Expo la straordinarietà di questo progetto: una latteria sociale che è modello di sviluppo inclusivo perché ridistribuisce reddito a più membri di una comunità : gli 800 allevatori che conferiscono ogni giorno il latte, che altrimenti non avrebbero un mercato dove venderlo, e i lavoratori della latteria-caseificio e le loro famiglie”, ha spiegato Paolo Chesani, direttore di Cefa Onlus. “La razionalità economica avrebbe consigliato di ritirare il latte da un’unica grande stalla con qualche centinaia di capi di bestiame, ma abbiamo scelto, invece, di coinvolgere 800 piccole imprese familiari contadine – che coinvolgono oltre 5000 persone - con 2-3 vacche ciascuna, ed è stata una bella sfida, ma siamo convinti che non esiste vero sviluppo, in un paese come la Tanzania, se i benefici della crescita non vengono ridistribuiti nel modo più ampio possibile. Grazie a questo circolo virtuoso, la latteria oggi è passata da progetto finanziato a una società i cui azionisti sono anche i partner-beneficiari", conclude
Chesani. "In questo modo le realtĂ locali coinvolte sono state messe in grado di prendere autonomamente in carico le attivitĂ progettuali dando vita a una sostenibilitĂ di lungo periodo".
"Oggi la latteria-caseificio di Njombe cammina con le proprie gambe grazie agli africani (tanti) della latteria, alle donne del distretto, che sono quelle che curano le stalle e gli animali, ai cooperanti di Cefa e ai lavoratori di Granarolo, sempre partecipi con le loro competenze", spiega il presidente di Granarolo Gianpiero Calzolari. "Siamo convinti che si potrà esportare questo modello per dare concrete opportunità lavorative ad altri allevatori e casari e una produzione di latte pastorizzato e quindi sicuro a tanti bambini nel mondo”.
Fonte: Repubblica di Bologna