MARLENE BRINGAS

MARLENE BRINGAS

INFERMIERA

Sono un'infermiera professionale e, dopo la scuola di specializzazione, ho cominciato subito a lavorare con Daniela Salvaterra, la responsabile della casa di accoglienza Giuseppe Cottolongo a Encañada di Cajamarca, in Perù. Sono nove anni che lavoro con lei. 

Io e Daniela con i ragazzi disabili

Io e Daniela con i ragazzi disabili

Ho conosciuto Daniela Salvaterra, la responsabile della casa di accoglienza Giuseppe Cottolengo a Encañada di Cajamarca in Perù, nove anni fa. Lei è di Tione in Trentino, ma ha lasciato la sua città più di dieci anni fa per dedicarsi al suo lavoro, o meglio dire alla sua missione. La casa di cura ospita bambini e ragazzi con deficit spesso gravi. Sono affetti dalle conseguenze della meningite, paralisi infantili, da danni psichici e fisici. Io ero appena uscita dalla scuola di infermieri e ho deciso di lavorare accanto a lei. Nella casa lavorano siamo due infermiere, io e Daniela, tre maestre, due fisioterapiste, una psicologa, una cuoca e tre aiutanti. Non abbiamo molto tempo per guardarci attorno, viviamo e dormiamo nella casa, accanto ai bambini. La nostra giornata inizia verso le 5,30 di mattina e finisce alle 10 di sera. Sabato e domenica comprese. Ma Daniela lavora 24 ore al giorno. La sua è una vocazione. Prepariamo la colazione per i più piccoli, perché già alle 5 cominciano a rumoreggiare. Li imbocchiamo uno a uno, poi li laviamo. I più piccoli dipendono da noi in tutto e per tutto. Poi comincia il lavoro di infermiere vero e proprio: dobbiamo curare le piaghe da decubito, o altre ferite, prepariamo gli inalatori…

Verso le 10 di mattina le fisioterapiste si prendono cura dei ragazzi. Facciamo due turni e si finisce verso le 16, due ore per turno. È indispensabile che i bambini facciamo un minimo di esercizio fisico. Ci sono anche le maestre sia la mattina sia il pomeriggio: si studia e si gioca. Andiamo a dormire con loro. Io in una camera assieme a sette bambini, mentre Daniela ne ha 11 vicino al suo letto. Non possiamo fare diversamente, perché molti hanno spesso violente convulsione ed è inimmaginabile lasciarli soli. Spesso nel cuore della notte cominciano anche a piangere, allora ci dobbiamo alzare e prestare assistenza.

Li portiamo anche a fare qualche passeggiata, quando usciamo i ragazzi sono molto felici, a loro piace molto. Encañada è una piccola cittadina di otto mila abitanti, ha un ricco patrimonio architettonico, artistico e culturale. Ed è bello passeggiare per le vie della città e la gente ha accolto bene i nostri ragazzi. Il Centro Cottolengo è diventato un sostegno indispensabile per molte famiglie. Siamo in una zona molto povera e questi ragazzi con i loro problemi sarebbe un peso troppo grande per le famiglie povere.

È un lavoro duro, ma che rafforza la nostra dimensione umana e professionale.

  26 Febbraio 2015
Centro per la Cooperazione Internazionale
Forum Trentino per la Pace e i Diritti Umani
Osservatorio balcani e caucaso