Profit o no-profit, misticismo o realtĂ 

Profit o no-profit, misticismo o realtĂ 

Condivido quando Mario Raffaelli afferma che, riconoscere come soggetti di cooperazione gli imprenditori rappresenta la rottura di un tabù che ha sempre imposto misticamente la distinzione fra profit e no-profit. L'entrata in scena di un settore economico che può “dare risultati” potrebbe essere l'orizzonte di una nuova sfida per la costruzione di autonomia e determinazione per lo sviluppo di quei popoli sempre considerati oggetti di sostegno e non soggetti protagonisti del proprio destino. L'essenziale, però, rimane la necessità che anche il settore “profit” si adegui ad un etica che imponga un vincolo di assistenza reciproca nel bisogno che unisce tra loro persone diverse, riconoscendosi nella comunità di cui vanno a far parte. Ed in questo percorso diventa decisivo il ruolo del “noprofit” in una sorta di “mediatore” della nuova comunità. Creare opportunità di lavoro per migliaia di disoccupati, contribuire a creare le condizioni perché la parità di genere e di condivisione , sopratutto in Africa, si imponga come precondizione allo sviluppo, contribuire alla valorizzazione delle immense risorse umane ed economiche che costituiscono le premesse per debellare miseria, malattia, povertà in quei Paesi sottoposti ai continui assalti predatori di forze economiche che ne calpestano diritti, dignità e futuro, deve essere la base ideale per una stretta collaborazione fra profit e no-profit. Perché solidarietà e cooperazione non rimangano le buoni intenzioni di cui è lastricato l'inferno.

Che un imprenditore abbia in bilancio oltre alla propria crescita imprenditoriale anche la ricerca di un profitto non mi scandalizza,(ci sono realtà di cosiddetta cooperazione che hanno realizzato profitto e arricchimento dei ”cooperanti” e, una volta chiuso il progetto, hanno rigettato i beneficiari iniziali nella condizione di precarietà da cui pensavano di esserne usciti).

D’altronde anche piccole realtà , come l'associazione di cui sono presidente, hanno progettato percorsi di autosviluppo (in Etiopia ad es.), non con lo scopo della mera beneficenza, ma con l'obiettivo di stimolare un gruppo di donne disoccupate a costruire e definire un percorso imprenditoriale, a superare la condizione del bisogno che rappresenta sempre la necessità di chiedere aiuto: rimanendo così sottomesse all'aiuto dei benefattori. Perpetuando una condizione di beneficiari che non si affrancano dalla continua richiesta di aiuto.

Certamente in questa sfida va coinvolto anche chi ha la responsabilitĂ  di gestire la cosa pubblica, le autoritĂ  locali, i governanti ecc......stakeholder nel progetto di affrancamento dal bisogno!

Nella città dove la mia associazione è presente, Bahirdar, il vicesindaco, durante la cerimonia di assegnazione di terreni alle famiglie che ne avevano fatto richiesta alfine di avviare un'attività, ha dichiarato:...noi stiamo lavorando per dissuadere le giovani generazioni ad abbandonare la propria terra nell'illusione di trovare migliori opportunità nei paesi occidentali, magari anche a rischio della propria vita cercando speranza attraverso la fuga sui micidiali”barconi”.... il nostro paese ha ampie opportunità e faremo di tutto perché i nostri figli rimangano con noi, auspicando che siano gli occidentali a venire da noi, per costruire rapporti di collaborazione reciproca....”

Questo per far comprendere a chi in una sorta di “delirio ideologico sociale” desidererebbe che la ricerca di affrancarsi da condizioni di miseria e precarietà di esistenza venisse percepita come un “reato”, che la ricerca di sopravvivere venisse vista come una “invasione” nella vita dell'altro , ignorando che in Africa, aggiungo in Etiopia, vi sono opportunità che possono rappresentare la chiave di volta e per lo sviluppo di molte imprese e per contribuire ad impedire tragedie alla ricerca di illusioni. Il Trentino ha imprese e imprenditori che sanno cogliere con sensibilità questo messaggio, ed è per questo che ritengo siano maturi i tempi per un nuovo tipo di cooperazione e una nuova visione della solidarietà che sappia porre al centro della propria iniziativa la reciproca ricerca di una nuova sostenibilità dell'esistenza.

Il Presidente dell’ Associazione Il fiore del Gojjam

Claudio Rossi

gojjam.etiopia@gmail.com,

 

Intervista a Mario Raffaelli

http://www.trentinosolidarieta.it/Attualita/Profit-e-non-profit-camminano-insieme

  08 Giugno 2016
Centro per la Cooperazione Internazionale
Forum Trentino per la Pace e i Diritti Umani
Osservatorio balcani e caucaso