Le donne in prima fila nella ricostruzione

Il terremoto, la corsa al recupero dei superstiti, i primi soccorsi. Poi gli aiuti alimentari e i problemi igienici. Alessandro Tamanini, cameraman Rai, racconta i giorni del dopo terremoto e spiega come sono stati utilizzati i soldi pubblici. Storie di profonda umanità e di interventi riusciti.

di Alessandro Tamanini

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Sono partito lo scorso maggio alla volta del Nepal, con destinazione Kirtipur, la cittadina di 60.000 abitanti - in prevalenza Newari - dove sorge la Rarahil Memorial School, la scuola costruita dall’alpinista Fausto De Stefani con il supporto di molti italiani. C’è molto Trentino in questa scuola grazie ai molti sostenitori del progetto fra i quali la SAT, ma soprattutto l’assessorato cooperazione allo sviluppo della Provincia Autonoma di Trento che ha collaborato con noi in ben due occasioni.

Ad accompagnarmi c’è l’amico Fulvio Piva di Pergine. Andiamo a sostituire tre amici che si erano recati alla scuola fin dal terzo giorno dopo il terremoto per coordinare gli aiuti che arrivavano dall’Italia. Mentre in automobile percorro le strade di Kathmandu noto subito che c’è pochissimo traffico e che i taxi sono quasi assenti. Migliaia di persone hanno abbandonato la capitale subito dopo la prima forte scossa di 7.9 della scala Richter, per raggiungere i propri villaggi. Sento nell’aria l’odore della polvere e mentre procedo verso la scuola noto i primi segni del terremoto. Moltissime persone sono accampate sotto miseri teli colorati lungo le sponde del fiume Bagmati e sui marciapiedi delle strade principali. Qua e là si notano i primi palazzi danneggiati, alcuni sono addirittura crollati su se stessi nonostante fossero costruiti con ferro e cemento.

La scuola è intatta ma vuota, gli studenti sono rimasti a casa, secondo quanto previsto dal decreto governativo. Lo staff della Rarahil è invece attivissimo nel distribuire generi di prima necessità nei vari rioni di Kirtipur. Prima del nostro arrivo l’amico Beppe Begni aveva provveduto, con molta difficoltà, ad acquistare un centinaio di tende e distribuire anche enormi teli tenda e pali di bambù. Oltre quattrocento famiglie terremotate hanno così potuto avere un riparo, oltre ai generi alimentari di prima necessità.

Anche noi ci mettiamo subito all’opera e, con alcuni dipendenti della Rarahil, ci rechiamo in alcuni rioni periferici di Kirtipur per distribuire altri generi alimentari: riso, lenticchie, olio. Nei settori 14 e 15 della cittadina ho il primo e vero contatto con gli effetti del terremoto. La devastazione è impressionante e di molte case, sia vecchie sia recenti, non restano che miseri cumuli di macerie. In tutte queste zone si registrano diverse vittime. La gente scava con le mani e la zappa per recuperare i mattoni ancora buoni, non ci sono mezzi meccanici ad aiutarli. Un lavoro lungo e faticoso al quale partecipa tutta la famiglia, con le donne in prima fila. Molte persone si sono sistemate in tendopoli provvisorie, al riparo da possibili nuovi crolli. Il caldo afoso accentua l’odore acre che si sente nei dintorni, poiché non ci sono a disposizione servizi igienici. Ogni gruppo ha nominato un referente in modo tale che gli aiuti siano distribuiti equamente fra i più bisognosi. Anche i nostri aiuti non sono casuali; infatti i nostri settori di intervento sono stati discussi con la Municipalità di Kirtipur per fare in modo che non ci siano doppioni o sovrapposizione con altre associazioni. Nei campi si notano persone occupate nella raccolta del frumento o nella semina delle nuove piantine di riso. L’agricoltura in Nepal vale ancora il 35 per cento del Pil e i contadini devono seminare prima dell’arrivo dei monsoni. Purtroppo molti di loro quest’anno non riusciranno a farlo.

Si continua così anche nei giorni seguenti, distribuendo anche centinaia e centinaia di lamiere ondulate per costruire ripari rigidi spaziosi, dove poter cucinare e soffermarsi durante il giorno, in particolar modo quando arriveranno le grandi piogge. Una mattina, mentre sono ancora alla Rarahil, rimango colpito nel vedere un gruppo di persone che scarica il secondo camion di riso che abbiamo ordinato, 660 sacchi da 25 kg. Ognuno di loro porta quattro sacchi sulla schiena, ben 100 chilogrammi. Alla faccia della 626. Intervalliamo il lavoro con qualche visita ai luoghi storici e di culto di Kathmandu, Baktapur, Patan e Bungamati per raccogliere testimonianze e documentare con foto e video gli effetti del terremoto. Molti siti dichiarati dall’Unesco patrimonio dell’umanità non esistono più, come la storica torre Dharahara del 1832.

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Purtroppo il Nepal si trova proprio dove la placca indiana spinge e solleva quella euroasiatica alla velocità di 2–3 centimetri all’anno. Questo spiega perché ciclicamente avvengono terremoti molto violenti in queste zone, come quello del 1934 di magnitudo 8.3 della scala Richter. I satelliti geostazionari hanno rilevato che la valle di Kathmandu si è alzata di un buon metro. C’è da sottolineare poi che le scelte urbanistiche ed architettoniche hanno dato il loro contributo; soprattutto là dove la povertà ha costretto ad edificare con fondamenta insufficienti, spesso, con solo mattoni e fango. Cristiano Corghi, dalla sede di Fondazione Senza Frontiere-Onlus mi comunica che sta per raggiungerci uno staff di Emergency, l’associazione di Gino Strada, composta da due membri addetti alla logistica e un medico, primario al pronto soccorso di un ospedale di Genova. Persone preparatissime, con l’esperienza di interventi in Siria, Afghanistan, Iran, Sudan, solo per fare alcuni esempi. Vengono a darci sostegno a seguito della richiesta di Fausto de Stefani, portando con loro altre 100 tende a doppio telo, da sei metri per tre e dal peso di 45 chilogrammi l’una. Alcune di queste le installiamo nei pressi della scuola, altre le distribuiamo nuovamente a Kirtipur. Venti vengono consegnate anche alla comunità tibetana e portate, quasi di nascosto, verso il confine con la Cina. La comunità tibetana purtroppo non è riconosciuta dal governo nepalese e per questo non riceve aiuti statali. Fortunatamente molte associazioni hanno pensato anche a loro. Con gli amici di Emergency raggiungiamo alcune zone vicine al primo epicentro del terremoto nel distretto di Gorkha e a Dhading, per portare ancora aiuti, visitare presidi medici e studiare possibili interventi sanitari finalizzati al dopo terremoto. Il pericolo è che molte associazioni dimentichino appena passata la fase di primo intervento, così come purtroppo hanno fatto quasi tutti i media internazionali.

Il 3 di giugno riprendono le lezioni nelle scuole nepalesi, mentre la terra continua a dar piccoli segni d’instabilità. Le scosse di assestamento sono pressoché quotidiane. Per favorire gli studenti più piccoli vengono allestite nel vicino prato delle tettoie, realizzate con canne di bambù ricoperte da teli. Purtroppo nello sguardo di alcuni dei ragazzi si legge ancora un leggero stato d’ansia e tensione, nonostante gli insegnanti cerchino di sdrammatizzare la situazione.

In questo periodo non manca quasi mai la corrente, ma nonostante ciò improvvisi sbalzi di tensione ci mandano fuori uso un paio di celle frigo ed un depuratore per l’acqua. Per far fronte a questo problema, pensiamo di acquistare un generatore di corrente con uno stabilizzatore di tensione, in modo da garantire alimentazione sicura almeno alla sala mensa, alle cucine, al dormitorio oltre che all’ambulatorio medico della scuola. Anche il problema dell’acqua non può passare in secondo piano. L’80 per cento della rete idrica non è più sicura dal punto di vista sanitario ed in città si registrano i primi casi di malattie gastrointestinali. Una nuova emergenza per noi che dobbiamo pensare ai pasti quotidiani da distribuire a mille persone. Fausto mi chiama dall’Italia comunicandomi che a Kathmandu, presso la comunità tibetana, c’è Pasang Dindu con le sue due figliolette e con il braccio rotto. Lui era a Lantang con Oskar Piazza quando il villaggio è stato spazzato via dalla valanga di roccia e ghiaccio portandosi via anche sua moglie. Purtroppo anche per Oskar non c’è stato nulla da fare, così come per Gigliola Mancinelli e altre 450 persone. Un dramma immenso. Ospitiamo subito le due figlie di Pasang assieme a due loro cuginetti. Alla Rarahil potranno continuare gli studi ed avere una nuova casa per i prossimi anni.

Il tempo scorre veloce e giunge presto il momento di lasciare il Nepal. In breve tempo io, Fulvio e gli amici di Emergency lasciamo la Rarahil per ritornare in Italia. Fausto De Stefani e la sua compagna Stefania ci sostituiranno a breve per studiare ulteriori interventi concordati con la Fondazione, fra i quali la costruzione di alcuni pozzi per l’acqua potabile sia per la scuola sia per la vicina comunità di Kirtipur. È importante raccogliere nuovi dati e coordinare una pianificazione a lungo termine con la popolazione, cercando magari di coinvolgere ancor più la municipalità locale nei progetti di ricostruzione.

Alessandro Tamanini, referente trentino per Fondazione Senza Frontiere Onlus

Il Progetto di Fondazione Senza Frontiere “Ottimizzazione della funzionalità dei campi di accoglienza e interventi nei settori alimentare, sanitario e abitativoâ€, approvato dal Tavolo provinciale, è stato finanziato con il fondo Vicini al Nepal, promosso dalla Provincia di Trento, da istituzioni pubbliche, associazioni imprenditoriali, sindacati e Federazione trentina della cooperazione. Parte degli interventi sopra descritti fanno parte di questo progetto (N.d.R.).

 

 

  20 Luglio 2015
Centro per la Cooperazione Internazionale
Forum Trentino per la Pace e i Diritti Umani
Osservatorio balcani e caucaso