L’ingegnere cieco contro le discriminazioni e insegna come fare

Nella vita ogni avvenimento può trasformarsi in un’opportunitĂ , anche di fronte alle infermitĂ . Pablo Peña Bece, ingegnere, oceanografo, economista, consulente di diverse istituzioni internazionali in materia economica, rientrato in PerĂą  per problemi di vista, ha aguzzato l’ingegno e sta mettendo in piedi una cooperativa. Ora insegna agli altri disabili come fare, in un Paese che discrimina queste persone.

di Francesca Zeni

Tra i trenta partecipanti alla Summer School “Comunità e sviluppo locale: costruire strategie di cambiamento per il territorio", promossa da Centro per la Formazione alla Solidarietà Internazionale, OCSE LEED, Federazione Trentina della Cooperazione e Università EAFIT di Medellìn e svoltasi a Trento nelle scorse settimane, era presente anche Pablo Peña Bece, un curriculum lungo e variegato (che continua ad arricchirsi di nuovi master universitari in Perù e in Colombia) e una travolgente voglia di trasformare la realtà.

Ingegnere, economista, sociologo: può raccontarci brevemente chi è e di cosa si occupa attualmente?

Si, le mie specializzazioni solo molte, e mi hanno tenuto lontano del PerĂą per piĂą di 25 anni. La progressiva disabilitĂ  visiva mi ha però costretto a lasciare il lavoro, ad accettare una pensione anticipata, e ho deciso di tornare nel mio paese d’origine. Rientrato in PerĂą ho dovuto apprendere un nuovo modo di vivere, sviluppare una vita sociale autonoma nonostante la mia disabilitĂ  e imparare nuovamente a svolgere attivitĂ  prima scontate: camminare, usare il computer, ecc. Per “riabilitarmi” ho frequentato un gruppo di persone che stavano compiendo un percorso simile al mio, persone provenienti da diversi luoghi del paese, di etĂ  e con livelli di educazione differenti: per me è stata una grande opportunitĂ  di incontrare in un unico luogo la complessitĂ  del PerĂą, di ascoltare voci e storie di vita uniche. Nella grande diversitĂ  quelle trenta persone avevano in comune la mancanza di opportunitĂ  lavorative. Le politiche assistenziali sono adatte ai casi piĂą gravi, con infermitĂ  importanti, ma le persone con disabilitĂ  non totalmente invalidanti vanno incoraggiate e sostenute nella crescita delle proprie attitudini e abilitĂ . Dall’incontro con quelle persone per me è stato chiaro come vi sia la necessitĂ  di politiche che forniscano competenze, capacitĂ  e opportunitĂ  di ingresso nel mercato del lavoro. E così ho ideato un progetto per  valorizzare le capacitĂ  imprenditoriali di alcune persone messe ai margini della societĂ  a causa delle loro disabilitĂ .

In cosa consiste il suo progetto?

Nel fondare una cooperativa di tipo A + B, quindi una cooperativa di lavoro che sappia al contempo accompagnare a livello psicologico le persone coinvolte e le loro famiglie: una cooperativa in cui gli imprenditori sono una decina di persone con disabilità, ma con desiderio di mettersi in gioco. Chi ha una disabilità non è diverso dagli altri, può fare le stesse cose di chiunque altro, solo può essere necessario identificare un percorso diverso per arrivare a sviluppare determinate abilità. In Perù c’è invece una forte discriminazione, la società giunge ad annullare le persone, che più che disabili divengono “disabilitate” dal resto della popolazione. Il progetto che ho elaborato mira a dare fiducia alle persone che hanno talenti non valorizzati a causa di uno stereotipo sociale; stiamo dialogando con diverse aziende per identificare quali servizi la nostra cooperativa possa offrire loro. Abbiamo identificato una città dove agire grazie al sostegno dell’amministrazione comunale, che fornirà gli spazi dove lavorare; stiamo valutando la personalità di decine di persone, per dare vita ad un gruppo di soci con mentalità imprenditoriale, che accettino il rischio e abbiano capacità e voglia di innovare. I soci dovranno poi seguire dei corsi abilitanti per qualificarsi e svolgere al meglio il lavoro, pianificati grazie a una sinergia con università e centri professionalizzanti. Il tipo di servizio che svolgerà la cooperativa non è stato ancora identificato: stiamo bussando alla porta di molte imprese a responsabilità sociale del territorio, cercando di valutare insieme quale tipo di servizio potrebbe essere loro utile, ad esempio il lavaggio di tute di lavoro di una grande azienda produttrice di cemento della zona, o molto altro ancora. L’idea è quella di competere nel mercato grazie a efficienza e qualità: il lavoro non sarà quindi strettamente legato ai temi sociali.

Come sarĂ  strutturata la cooperativa?

Nel direttivo saranno presenti, oltre ai soci, rappresentanti del mondo accademico, ricercatori, amministratori comunali e un componente dell’impresa a cui forniremo i servizi. I guadagni ottenuti con il lavoro andranno per il 33% ai soci lavoratori, per il 33% reinvestiti nella cooperativa o dati in appoggio alla nascita di nuove cooperative pensate da persone con disabilità e per il 33% utilizzati per appoggiare progetti decisi dalla comunità, come parchi inclusivi per tutti i bambini o rampe d’accesso alle scuole per persone disabili, ecc. La fase di startup verrà finanziata in parte dall’impresa a cui verranno forniti i servizi, in parte dall’amministrazione comunale e in parte attraverso collegamenti con realtà omologhe a livello internazionale: anche il sostegno del Trentino potrebbe rivelarsi utile sia a livello di contenuti che a livello economico. La Summer School mi ha permesso di entrare più a fondo nel modello cooperativo: chi voglia approfondire il tema delle imprese sociali ha ovunque come modello il Trentino, e dalla voce di chi pensa ed agisce le imprese sociali in questo territorio ho compreso meglio quale tipo di impresa sia più adatta al progetto che ho immaginato. All’inizio ci sarà l’aiuto delle istituzioni, ma poi saranno gli stessi soci lavoratori a generare profitti, a reinvestirli e a crescere, tenendo in mano le redini del proprio destino: questo è un esempio di politiche che abilitano, che promuovono, non che assistono e mantengono. La crescita umana e professionale può condurre ad un percorso di innovazione sociale che è la chiave dello sviluppo territoriale.

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Francesca Zeni, Centro per la Formazione alla SolidarietĂ  Internazionale

 

  19 Agosto 2015
Centro per la Cooperazione Internazionale
Forum Trentino per la Pace e i Diritti Umani
Osservatorio balcani e caucaso